Ebook #1

Ebook #1, per gli alunni delle scuole medie inferiori e superiori

Anteprima del libro

Abàbala Zoppa 1.0, di Giorgio Villella
Apprendista stregona perplessa nell’Età delle Pietra
Presentazione del libro. Premessa: I primi uomini. I personaggi e l’ambiente. Una giornata sfortunata per Abàbala? Mattina. Pomeriggio. Sera. Notte. Appendice. Spunti per discussioni. Domande.

Un drago nel mio garage di Carl Sagan
Dal libro Il mondo infestato dai demoni


Abàbala Zoppa
Presentazione del libro, per genitori e insegnanti

Questo libro comincia con un mio racconto indicato per ragazzi delle medie inferiori e superiori. C’è una Premessa: I primi uomini, per i ragazzi più grandi, con una breve descrizione dei cacciatori/raccoglitori che può essere utile ai genitori che volessero aiutare i figli nella comprensione del mondo dei cacciatori/raccoglitori nell’Età della Pietra. Poi comincia il vero racconto con I personaggi e l’ambiente, che può essere saltata dai ragazzi più piccoli, e prosegue con la descrizione dei fatti che si susseguono in un solo giorno: Una giornata sfortunata per Abàbala? Alla fine del racconto c’è l’appendice: Spunti per discussioni e Domande.
Dopo il racconto ho inserito anche la prima pagina e mezza con cui inizia il capitolo dieci del bellissimo libro dello scienziato Carl Sagan, Il mondo infestato dai demoni, Baldini & Castoldi editori, 1997, in cui si parla del famoso drago invisibile che vivrebbe nella sua cantina, con discussioni su cosa vuol dire esistenza di un ente invisibile. Esaurito. 
Ho scritto questo e altri due racconti per divertire e coinvolgere i ragazzi, così che li leggano fino in fondo, e per suscitare curiosità, dubbi e discussioni dato che curiosità, dubbi e discussioni maturano i ragazzi più di ogni altra cosa. Questo primo racconto è ambientato appunto nell’Età della Pietra. Si parla dei dubbi di una apprendista stregona rispetto alla stregoneria, a cui la indirizza la zia stregona.
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Nota: Nel testo ho scritto alcune parole come <placebo> o <imprinting> tra due parentesi angolari: è un invito a consultare quelle voci (parole chiave) in Google o Wikipedia. O a cercarle in una enciclopedia o nel vocabolario o a chiedere ai genitori o agli insegnanti il loro significato.
Le scritte in carattere chiaro, come Uaar o CICAP,  sono dei link, cliccandoli si apre un sito, una pagina, un articolo, una foto, un filmato.
[Le frasi tra parentesi quadre, come qelle di questa frase, sono miei interventi esterni].

È consigliabile vedere qualche fotografia o qualche filmato dei cacciatori/raccoglitori dei nostri giorni che ancora vivono isolati dal mondo civilizzato; li vediamo scalzi, più o meno nudi; riparati in grotte, capanne o palafitte; immersi in una natura selvaggia, senza case, palazzi, grattacieli, ospedali, strade, ferrovie, automobili, treni, camion, aerei, navi, motoscafi, telefoni, vestiti, ombrelli, libri, tablet, televisioni, ecc. ecc. Nell’aspetto più simili ad un animale selvatico che a un uomo civile dei nostri giorni. 
Aprire i seguenti link: 
Visita con l'aereo a una tribù primitiva dell'Amazonia
Tribù incontra l'uomo bianco per la prima volta
Vita giornaliera di una tribù primitiva
Survival: contro ogni previsione
Survival: visioni del mondo
Survival: tribù isolata
Ci sono interessanti immagini in diversi libri, per esempio:
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Ho immaginato che novemila anni fa, in un villaggio molto semplice costruito pochi anni prima, vicino a un affluente dell’Eufrate, vivesse Abàbala, una ragazzina di meno di dieci anni. Fa la pastora ed è allieva della zia stregona. A quei tempi a dieci anni si lavorava quasi come un adulto.
[Qualcuno potrebbe dire, ma sbagliando: «Non si perdeva tempo a studiare»].
Abàbala è chiamata anche Zoppa, perché è zoppa. Qualche anno prima era caduta da un albero su cui era solita salire per osservare attentamente la vita di un gruppo di piccole scimmie litigiose. Si era messa in testa di fare amicizia con loro per aiutarle a litigare meno e a vivere meglio. Gli abitanti del villaggio, quando sono arrabbiati con lei la chiamano Zoppa, ma lei fa finta di non essere offesa per non dare soddisfazione a chi la vuole offendere.
È molto intelligente, curiosa, generosa, ma è anche testarda e con un carattere spigoloso e aggressivo. È una che ai nostri giorni sarebbe stata chiamata contestatrice o ribelle, perché mette sempre in discussione tutto quello che dicono gli altri. Qualche volta ha ragione, ma quando ha torto è difficile farglielo riconoscere.
Vive in una tribù di un centinaio di cacciatori/raccoglitori divisi in sei clan, gruppo di persone più o meno imparentate, che dopo aver vagato in piccoli gruppi nomadi, adesso vivono in un piccolo villaggio di capanne molto rudimentali e sono ai primi tentativi di agricoltura. Usano il fuoco per cucinare e per tenere lontani gli animali feroci.
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La zia, poiché vede che Abàbala è attenta e brava, comincia insegnandole come fare unguenti e intrugli che poi lei stessa somministra con i suoi riti ai feriti e agli ammalati.
La nipote è molto intelligente, fa molte domande, è curiosa di tutto. Quindi un po’ alla volta la zia prosegue con la preparazione completa alla stregoneria, in modo che anche Abàbala, dopo qualche anno, possa diventare a sua volta una stregona. Così un giorno potrebbe avere i privilegi che gli stregoni cominciavano ad avere nei villaggi.
Quando l’addestramento è arrivato a buon punto, Abàbala deve passare alle prime prove pratiche e assumere gli allucinogeni. Ma la zia non si fida e suggerisce ad Abàbala di fare come lei, tanto sembra che funzioni lo stesso.
Allora Abàbala entra in crisi. All’inizio crede alla stregoneria e ne è incantata, come tutti. Poi sospetta che la zia sia una imbrogliona, ma ha ancora fiducia nella stregoneria. Alla fine è incerta se la zia sia in buona fede o sia una imbrogliona e comincia a pensare che anche la stregoneria possa essere un imbroglio. Ma per lei è molto difficile pensare che la stregoneria, a cui credono “tutti”, sia falsa. Come ai nostri giorni avviene con le religioni nei Paesi dove praticamente tutti credono a una unica religione, anche se falsa.
[Devono essere ovviamente tutte false, meno una: Quale? Ma la propria! ]
Parlando con Abàbala, una volta la zia sembra convinta che la stregoneria sia “vera” e che lei sia una stregona a tutti gli effetti. Un’altra volta dice che lei si comporta come una stregona, ma forse non lo è. Alla fine Abàbala è confusa, capisce solo che quando le parla dice spesso bugie, come fanno i grandi quando parlano con i piccoli e hanno le idee confuse, o si dimenticano di quello che hanno detto la volta precedente. Ma non glielo rinfaccia, per evitare che si arrabbi e smetta di istruirla. Sa che in genere i grandi, quando hanno torto, o si fa loro notare che si contraddicono o che dicono una bugia, diventano intrattabili. Strano, ma la madre pensa le stesse cose di sua figlia e in genere di tutti i bambini: quando li si rimprovera perché si contraddicono o dicono un bugia si arrabbiano moltissimo e negano sempre tutto.

Una nuova esperienza le fa cambiare idea ancora una volta sulla stregoneria e le fa capire che invece questa può essere sicuramente utile, almeno in qualche caso. Un giorno che un cane si spinge in un posto poco accessibile, trova, nascosto in una palude, il cadavere di un cacciatore del villaggio, chiamato Baldo, molto rispettato da tutti, scomparso da alcuni giorni. All’inizio si pensa che sia stato sbranato e portato via da qualche leone, anche se sembra strano che un cacciatore prudente e forte come lui abbia fatto quella fine e senza che nessuno se ne accorga. Ma, trovato il corpo, si vede che gli è stata sfondata la nuca con due grossi sassi trovati sporchi di sangue nei paraggi. È chiaro che è stato ucciso da qualcuno. Da chi? Abàbala è sconvolta come tutti e come tutti ha paura. Non ha nessuna idea di come si possa trovare il colpevole.
Ma la zia stregona riesce a trovare subito i due assassini, con le sue abituali messe in scena. Raduna gli abitanti del villaggio e parlando lentamente, con gli occhi socchiusi e una voce cavernosa, come se parlasse uno spirito e non lei, dice che il villaggio è sotto una magia nera. Se non si puniscono i colpevoli altre terribili disgrazie colpiranno molte persone. Quindi mostra dei bastoncini secchi magici, tutti di uguale lunghezza, sparpagliati su un masso piatto che lei usava per fare le pozioni magiche. Ne consegna uno a ciascun maschio, ma escludendo i vecchi decrepiti, gli invalidi e i bambini. Li invita a fare un giro ognuno per conto suo, tenendo sempre il bastoncino chiuso in un pugno. Avverte che il bastoncino dell’assassino, o degli assassini, si sarebbe allungato di circa il diametro del suo pollice (cioè un po’ meno di due centimetri). In seguito, verificherà la lunghezza dei bastoncini per trovare il colpevole.
A un certo punto del controllo, quando arriva il turno di un giovinastro attaccabrighe che noi adesso chiameremmo bullo, la zia vede subito che il suo bastoncino è più corto degli altri: siccome è colpevole, ha accorciato il bastoncino per non far vedere che è cresciuto. Di colpo la zia cade in trance (solo Abàbala pensa che stia fingendo) e poi grida, con la solita voce gutturale: «Lui - essere - assassino - di - Baldo». Poco dopo è il turno di un amico del primo assassino. Anche lui ha accorciato il suo bastoncino e la stregona, di nuovo in trance, ripete: «Lui - essere - altro - assassino - di - Baldo».
I due, prima negano, poi si accusano a vicenda e infine dicono che è stata la vittima ad aggredirli e che loro si sono solo difesi. Sono subito uccisi a colpi di bastone e trafitti da lance e immediatamente buttati nel fiume, per evitare di attirare iene nel villaggio.
Senza leggi, o meglio, senza leggi scritte, vale la Legge del più forte, che è tipica degli animali sociali e in questo caso è chiamata anche Legge della giungla, cioè l’animale più forte impone la sua volontà giusta o ingiusta, crudele o tollerante, a meno che non abbia contro la maggioranza del branco.
[Ma ha senso dire che è giusto, ingiusto, crudele o tollerante il comportamento di una bestia carnivora che segue necessariamente il suo istinto? Le varie religioni non possono spiegare perché il loro dio ha creato animali carnivori, quindi assassini. La scienza sì, con la legge dell’<evoluzione>].
Nell’Età della Pietra hanno vissuto popolazioni molto diverse; alcune feroci e intolleranti, altre pacifiche. In qualche altro villaggio i due assassini dopo l’esecuzione sarebbero stati mangiati. Ma ho preferito ambientare il racconto in un villaggio senza cannibalismo.
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Abàbala, nascosti sotto a un sasso i suoi due preziosi bastoncini “magici”, si sdraia vicina a Tato [il suo cane], ma non riesce a dormire. Pensa che un fatto, di racconto in racconto, diventa sempre diverso e sempre più esagerato. Più si esagera a raccontare qualcosa, e più si fa bella figura. In poche ore il rumore di un ramo spezzato e la vista di una macchia strana sono diventati “un tentativo di assalto di animali feroci sconosciuti che ruggivano nascosti nella boscaglia”. Di colpo si blocca, con la bocca aperta e un pensiero che la illumina: figuriamoci i racconti che si tramandano da generazioni e generazioni come diventano strabilianti! Ecco come si creano senza ragione credenze e miti fantastici cui tutti credono!
Aveva fatto una scoperta molto importante, di quelle che si ricordano per sempre: misteriosi spiriti di animali o di alberi o di fiumi o di sassi che parlano! Fate, orchi, mostri, malocchio, iella, destino, prodigi, miracoli, poteri magici … Figurarsi! Tutti ripetono storie che hanno solo sentito raccontare da persone che a loro volta hanno sentito raccontare e così via. E ciascuno via via le modifica per renderle più interessanti e più fantastiche.
Ma cosa ci può essere di vero dopo tanti passaggi?
Le viene in mente quanto siano creduloni tutti quando guardano la zia e pensano che sia in contatto con gli spiriti. Bah! Mai fidarsi troppo dei racconti e delle testimonianze.
È emozionata, d’ora in poi deve stare attenta a fidarsi solo dei fatti che vede lei stessa o di quelli raccontati da testimoni diretti e solo se sono persone affidabili. E non si fiderà mai delle storie che raccontano gli stregoni su chi ha fatto il mondo, chi ha fatto gli uomini, sugli spiriti. Tutte cose che non si vedono e non si toccano e non si possono verificare. Chi racconta queste cose come fa a saperle? Come si fa a essere sicuri che questi racconti siano veri? “Tutti” ci credono: E allora? Perché le donne, come diceva Mongo, sono fecondate dal vento in certe regioni, dalla pioggia in altre e dagli spiriti degli antenati in altre ancora? Anche queste devono essere leggende false (tranne eventualmente una). La credenza della loro tribù spiega bene perché chi nasce da loro spesso rassomiglia a qualcuno del villaggio: lo spirito di un loro antenato ha fecondato la madre e il figlio che nasce rassomigliava a qualcuno della tribù. Le credenze della altre tribù sono chiaramente sciocchezze, ma perché tutti in quelle tribù ci credono? Non che la teoria degli spiriti degli antenati la convincesse molto, lei agli spiriti non crede più.
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Poi Abàbala si mette a immaginare come sia cambiato a ogni passaggio della storia quello che lei ha raccontato al fratello; come le ombre sono diventate fiere selvagge e un rumore di un ramo che cade sia diventato un ruggito; le molte e diverse piccole distorsioni possibili che alla fine stravolgono completamente i fatti. Le viene in mente la buffa espressione che usa spesso la madre «Gemello pende dalle tue labbra». È sempre esistita o l’ha inventata qualcuno? In che circostanza? Fra tante generazioni sarebbe stata ancora in uso? Le risulta che sia usata da tutti in questo villaggio e in quelli vicini. Ma in quelli lontani? Lo avrebbe chiesto a Mongo l’indomani.
A proposito, a quante giornate, o meglio, a quante lune di cammino, dista il villaggio più lontano di tutti? «Se si va dritti in qualunque direzione» le ha detto una volta Mongo, «si finisce per trovare sempre qualche villaggio abitato o almeno le tracce del passaggio di gruppi di nomadi. Fino a quando si arriva al mare salato; allora non si può andare oltre». «Sì, ma chi l’ha detto? Come fai a saperlo? Sei sicuro che qualcuno ha provato ad andare in tutte le direzioni?» avrebbe voluto chiedergli Abàbala. Ma tace: non è facile discutere con i grandi che vogliono sempre avere ragione e non accettano discussioni.

Si chiede: Il mare finisce? Come finisce? E dopo la fine del mare cosa c’è? Decide che a queste domande non è possibile dare una risposta, è necessario prendere una canoa e, invece che costeggiare la riva del mare come si fa sempre, spingersi al largo, oltre l’orizzonte, fino alla fine del mare. Ma cosa succede se viene una tempesta o se nel mare ci sono dei mostri o se la fine del mare è troppo lontana per tornare indietro? Oppure se il mare non finisce? Ma è possibile che il mare non finisca mai? Le viene un brivido a questo pensiero.
Ha una idea fantastica: un giorno o l’altro avrebbe preso una canoa e, dopo aver navigato lungo la riva del fiume, si sarebbe nascosta in qualche boscaglia lontana dal villaggio per una intera luna. Naturalmente porterà con sé Tato, per compagnia e per sicurezza. Anche se sa che di giorno avrà un po’ paura, ma di notte ne avrà molta, anche col cane. Poi torneranno e dirà che gli spiriti del fiume l’hanno accompagnata lungo il fiume fino al mare e poi gli spiriti del mare l’hanno condotta fino alla fine del mare e fatta tornare al fiume.
Racconterà che alla fine del mare c’è una enorme cascata che fa un terribile rumore. «Ma dove va l’acqua e perché il mare non si svuota?» chiederà subito Rolfo. Allora meglio raccontare che c’è una costa altissima, una scogliera larga addosso alla quale il mare finisce. Male, se il mare finisce addosso a una montagna, dove termina la montagna? Perché non si è fatta accompagnare dagli spiriti della montagna per scoprirlo? Era punto e daccapo. Pensa e ripensa a cosa avrebbe potuto inventarsi sulla fine del mare, ma non trova niente di plausibile.
Finalmente di colpo ha una idea: dirà che è un “segreto” che non può svelare. Gli spiriti del mare le hanno ordinato di non svelare a nessuno come finisce il mare: se lo avesse fatto la magia nera sarebbe scesa sul villaggio.
Tutti si sarebbero preoccupati. Tutti avrebbero parlato a voce bassa del Segreto di Abàbala e ogni volta che qualcuno le avesse chiesto di svelarlo, lei avrebbe fatto finta di avere convulsioni. Li avrebbe avuti tutti in pugno. Per sempre. E per sempre le generazioni future avrebbero pensato che il mistero della fine del mare sarebbe stato nascosto nel Segreto di Abàbala.
Che belle queste fantasie di onnipotenza! Ma sa benissimo che sono solo fantasie e che non le avrebbe realizzate mai.
[Ah! Abàbala Abàbala! Quando pensa che gli altri stregoni imbrogliano si arrabbia. Quando pensa di farlo lei va bene].
Pensa alla zia che la rimprovera di voler capire tutto, mentre «un sacco di cose non le capiremo mai». Naturalmente ha ragione, ma perché di tante cose dobbiamo accettare spiegazioni assurde? E qualche volta pericolose o dannose? Tanto vale dire che ci sono domande cui non sappiamo dare una risposta e fatti che non sappiamo spiegare. Pazienza.
Comunque solo se chi li racconta fornisce prove convincenti vanno creduti, altrimenti sono favole, magari anche divertenti, e basta. Però lei avrebbe continuato a cercare di capire tutto quello che si può capire, invece che credere a tutto quello che si racconta in giro. È sicura che la maggior parte delle persone preferisce credere che capire, è più semplice. Peggio per loro, non sanno quanto sia bello e importante capire come stanno veramente le cose.
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Un drago nel mio garage
la scienza e il nuovo oscurantismo

«Nel mio garage c’è un drago che sputa fuoco». Supponiamo (sto seguendo un approccio praticato dallo psicologo Richard Franklin) che io vi dica seriamente una cosa del genere. Senza dubbio voi vorreste verificarla, vedere il drago con i vostri occhi. Nel corso dei secoli ci sono state innumerevoli storie di draghi, ma nessuna vera prova. Che opportunità fantastica! «Ce lo mostri», mi dite. Vi conduco nel mio garage. Voi guardate e vedete una scala, dei barattoli vuoti, un vecchio triciclo, ma nessun drago. «Dov’è il drago»? chiedete. «Ah, è proprio qui», vi rispondo, facendo dei cenni vaghi. «Dimenticavo di dirvi che è un drago invisibile». Voi proponete di spargere della farina sul pavimento del garage per renderne visibili le orme. «Buona idea», dico io, «ma questo è un drago che si libra in aria». Allora proponete di usare dei sensori infrarossi per scoprire il suo fuoco invisibile. «Idea eccellente, se non fosse che il fuoco invisibile è anche privo di calore». Voi proponete allora di dipingere il drago con della vernice spray per renderlo visibile.
«Purtroppo, però, è un drago incorporeo e la vernice non fa presa su di lui». E così via. A ogni prova fisica che voi proponete, io ribatto adducendo una speciale spiegazione del perché essa non funzionerà. Ora, qual è la differenza fra un drago volante invisibile, incorporeo, che sputa un fuoco privo di calore e un drago inesistente? Che senso ha la mia asserzione dell’esistenza del drago se non esiste alcun modo per invalidarla, alcun esperimento concepibile per confutarla? Il fatto che non si possa dimostrare che la mia ipotesi è falsa non equivale certo a dimostrare che è vera!

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